La chiesa di San Biagio a Caldana potrebbe avere un'altra paternità. Da sempre attribuita alla scuola di San Gallo il Vecchio, la chiesa potrebbe invece essere di Bartolomeo Ammannati, allievo di Michelangelo. A raccontarci la storia è lo stesso parroco di San Biagio don Enzo Mantiloni. "La scoperta l'ha fatta la dottoressa Maria Gemma, già plurilaureata, che da pochi giorni ha preso una nuova laurea discutendo una tesi secondo cui la chiesa sarebbe di scuola michelangiolesca. Altre cose a me la signora non ha detto - ricorda il parroco don Enzo Mantiloni - si è limitata ad affermare di avere prove schiaccianti in proposito, e che poi mi avrebbe fatto sapere". E le prove sarebbero un bozzetto disegnato da Michelangelo nel 1516 per la facciata, peraltro mai realizzata, della chiesa di San Lorenzo a Firenze. Secondo la studiosa, mentre si esclude una partecipazione diretta di Michelangelo Buonarroti alla realizzazione dell'opera, è altrettanto vero che il maestro avrebbe seguito da lontano, come peralto sua consuetudine, l'edificazione della chiesa, realizzata in memoria di tre congiunti di Cosimo I dei Medici.
La Nazione, domenica 4 giugno 2000
GROSSETO. La gente del posto è affezionata a quella vecchia chiesetta di Caldana, in provincia di Grosseto. E sembra addirittura scocciata dal fatto che qualcuno gli venga a dire ora che San Biagio non l'avrebbe progettata Antonio da Sangallo il Vecchio. Probabilmente ancora in pochi si rendono conto che la scoperta fatta da una studiosa fiorentina cambierà decisamente il futuro di questa finora soltanto simpatica chiesetta. Maria Gemma Guidelli ha infatti trovato le prove che dimostrano come San Biagio in realtà sia stata disegnata da Michelangelo, che a pochi mesi dalla morte, sarebbe stato chiamato dal suo allievo Bartolomeo Ammannati.
Per avere un consiglio e rendere organica la struttura della costruenda chiesa. Le prove sono alcuni disegni che Maria Guidotti [sic] ha trovato a Firenze, negli archivi di Casa Buonarroti e presso la National Gallery di Londra, dove invece erano pressoché sconosciuti gli schizzi che mostrano l'interno della chiesa. alla verità la Guidotti [sic] c'è arrivata prima discutendo presso l'Università di Siena la sua terza tesi sui bozzetti esterni, poi, spronata dai professori e soprattutto da uno dei massimi conoscitori dell'arte medievale, Luciano Bellosi, è giunta a trovare anche i bozzetti che raffiguravano gli interni. Ma com'è che il grande Michelangelo fu coinvolto in quest'opera? "Nel dicembre del 1562 - spiega Maria Gemma Guidelli - morirono, forse di malaria, la moglie di Cosimo I de Medici, Eleonora da Toledo e i suoi due figli. La chiesa di Caldana, iniziata l'anno successivo e conclusa nel '74, è in realtà un grande monumento funebre per i familiari dei Medici, che fu commissionata dalla famiglia senese degli Austini". Secondo la ricostruzione della studiosa fiorentina, gli Austini avevano appoggiato Firenze nella guerra per la conquista di Siena (1555) e negli anni successivi cercarono di convincere sempre di più i Medici della loro fedeltà. Alla morte di Eleonora comprarono quindi il terreno e affidarono l'esecuzione dell'opera all'architetto mediceo Bartolomeo Ammannati, che all'epoca stava lavorando a Siena. Questa particolare funzione della chiesa, quasi un mausoleo per i familiari di Cosimo, spiega quindi perché proprio Michelangelo, che ormai lavorava solo per le grandi corti papali e per i Medici, sia stato coinvolto nella realizzazione della chiesa, che fu innalzata a Caldana perché questo era un luogo che aveva una funzione strategica di confine e di difesa dei territori medicei e di Eleonora da Toledo. La scoperta è già stata accettata dai massimi studiosi dell'ateneo senese e dalla Soprintendenza ai beni artistici e architettonici, che sta lavorando a una pubblicazione sulla scoperta.
Diego Barsotti, Il Tirreno,
giovedì 15 giugno 2000
GROSSETO. La chiesa di San Biagio a Caldana? Di sicuro non è di Antonio da San Gallo [sic] il vecchio, come si è creduto fino ad oggi. Ma la nuova attribuzione si può certamente definire clamorosa. La piccola chiesetta sarebbe infatti stata costruita tra il 1563 e il 1574 da Bartolomeo Ammannati su consiglio e disegni del suo maestro Michelangelo. La scoperta è stata fatta da una studiosa fiorentina, Maria Gemma Guidelli, che ha ritrovato i disegni della facciata e dell'esterno negli archivi di Casa Buonarroti, e gli schizzi degli interni presso la National Gallery di Londra. La chiesa della Caldana in realtà doveva essere un grande monumento funebre in ricordo della moglie (Eleonora da Toledo) e dei due figli di Cosimo I, morti nel dicembre del 1562. A commissionarla la famiglia senese degli Austini, che per ingraziarsi i Medici ed ottenere un titolo nobiliare, appoggiò i fiorentini nella guerra contro Siena. Poi in occasione del terribile lutto, acquistò il terreno di Caldana (ai confini del territorio dei Medici) e fece erigere la chiesa, affidando l'opera all'architetto mediceo Bartolomeo Ammannati. Da qui l'aiuto che il discepolo del Buonarroti chiese al suo maestro, che quindi a pochi mesi dalla sua morte, produsse quei disegni e di fatto rese più organica la struttura complessiva della chiesa. Da parte della soprintendenza è già cominciato il lavoro per una pubblicazione ufficiale sulla scoperta.
Il Tirreno, giovedì 15 giugno 2000
Sobria ed elegante fuori nel travertino rosa. Sobria ed elegante dentro nel bianco interrotto dalle nervature di pietra serena. Un gioiello d'armonia, di unità tra esterno ed interno la chiesa consacrata a San Biagio. Ma che ci fa un tale capolavoro a Caldana, sperduta frazione di Gavorrano in Maremma? Gli storici dell'arte finora hanno dato risposte evasive: è stata costruita a metà del '500, su progetto di Sangallo il Vecchio.
Una risposta approssimativa diventata un giallo per una giovane studiosa fiorentina, Maria Gemma Guidelli, a cui venne affidata una tesi di laurea su Sangallo il Vecchio, appunto. L'attribuzione di San Biagio di Caldana al grande architetto del Rinascimento non la convinse: "La chiesa è troppo moderna. C'è il senso della profondità, della scultura. Sangallo invece è un maestro della linearità: edifici, spazi, concepiti con l'occhio del pittore".
Due anni e mezzo di ricerca e la Guidelli è sicura di aver trovato la soluzione: la chiesa è di Michelangelo, il quale ne fece un modello dal vero della parte centrale della facciata che aveva progettato per San Lorenzo a Firenze. La facciata della basilica non fu mai realizzata ma i disegni sono conservati nel Museo di Casa Buonarroti. Le prove che San Biagio era il modello per San Lorenzo? A parte lo stile scultoreo di San Biagio, un dato oggettivo: le misure. La chiesa di Caldana alla base ha la stessa lunghezza della navata centrale di San Lorenzo mentre l'altezza è esattamente la metà. Coincidenze? Guidelli ha un'altra carta. Sostiene che al British Museum esiste il disegno di un interno di chiesa che è identico a quello di San Biagio. Il disegno è di Michelangelo anche se è ignota l'opera da costruire.
Ma qui cominciano le obiezioni. La direttrice di Casa Buonarroti, Pina Ragionieri, nega che esistano tali disegni a Londra. E scettico appare il soprintendente ai monumenti di Grosseto e Siena, Domenico Antonio Valentino, anche se si dice interessato a verificare la tesi della studiosa fiorentina. "E' vero - ammette il soprintendente - la chiesa di Caldana è bellissima e ricorda le Cappelle medicee che tanto debbono a Michelangelo. Ma questa chiesa è gemella di San Biagio a Montepulciano sulla cui attribuzione a Sangallo il Vecchio non ci sono dubbi". Asserzione quest'ultima, vivacemente contestata a sua volta dalla Guidelli: "Le due chiese non sono neanche paragonabili, sono uguali solo di nome".
La studiosa ha anche una spiegazione del perché di questo capolavoro a Caldana: l'opera venne commissionata dal Cosimo I in suffragio della moglie Eleonora di Toledo morta di crepacuore e dei due figli, don Garzia e don Giovanni, uccisi ufficialmente di malaria. Ufficialmente perché sulla loro fine grava un'inquietante ombra di delitti di famiglia. Le voci all'epoca erano che Garzia aveva ammazzato duante una battuta di caccia il fratello, Giovanni, che era cardinale. Un incidente? Forse. Ma il padre Cosimo, sempre secondo le malelingue, non lo dovette giudicare tale. Al dolore di genitore si aggiunse la rabbia per le ambizioni frustrate: per Giovanni puntava al soglio di Pietro. Così Cosimo si sarebbe vendicato uccidendo il figlio fratricida Garzia. Eleonora non resse a tanto strazio e morì a sua volta. Una leggenda, una tragedia di sangue e potere ricostruita dall'Alfieri nel Don Garzia. Perché tuttavia Caldana per questo "monumento funebre"? Perché Caldana era una cittadella fortificata del Granducato a guardia del confine con i grandi nemici dei Medici, gli Appiano, signori dell'Elba. Qui don Garzia e don Giovanni venivano spesso. Venivano a ispezionare le truppe e soprattutto per una passione che forse fu loro fatale: la caccia.
Pino Miglino, in La Nazione,
venerdì 7 luglio 2000
Michelangelo o Antonio da Sangallo il Vecchio? Rischia di diventare il tormentone culturale dell'estate maremmana, la "scoperta" effettuata dalla studiosa fiorentina Maria Gemma Guidelli, che ha attribuito al Michelangelo il progetto della Chiesa di San Biagio a Caldana. Una scoperta supportata da prove, secondo la Guidelli, che avrebbero convinto anche la Sovrintendenza ai Beni architettonici, tanto che si parla già di imminenti pubblicazioni (sia da parte della Soprintendenza che di alcuni enti locali), per diffondere la scoperta.
Ma proprio da Caldana arriva la secca smentita per voce del presidente del Comitato storico caldanese, Mario Zannerini. "Prima di mandare in esilio la scuola di Antonio da Sangallo il Vecchio - dice - la dottoressa Guidelli ha il dovere di dimostrare quanto afferma". Secondo il Comitato storico caldanese, infatti, i lavori per l'erezione della nuova chiesa di San Biagio iniziarono nel 1575 al tempo della visita apostolica, ben 11 anni dopo la morte di Michelangelo. Notizia desunta dalla Storia Ecclesiastica della diocesi scritta nel 1752 dal cancelliere vescovile Francesco Anichini. "Occorre ricordare poi - continua Mario Zannerini - che nel 1993 il sovrintendente ai Beni architettonici, Maurizio Occhetti, affermò che il tempio di Caldana è fratello minore del San Biagio di Montepulciano, opera del da Sangallo, con il quale c'è fratellanza stilistica, identità nel disegno e nei fregi interni". La Guidelli si baserebbe invece sul ritrovamento di alcuni disegni michelangioleschi a Casa Buonarroti (Firenze) e alla National Gallery di Londra.
Il Tirreno, martedì 11 luglio 2000
L'attribuzione della chiesa di San Biagio di Caldana a Michelangelo non convince Mario Zannerini, presidente del Comitato storico locale, che si basa su due date per controbattere l'ipotesi della studiosa fiorentina Maria Gemma Guidelli. "Nella sua storia delle parrocchie grossetane Francesco Anichini, cancelliere vescovile a Grosseto, dice che i lavori per la Chiesa di San Biagio iniziarono nel 1575 - fa presente Zannerini - mentre indica il 1585 come data in cui il vescovo Borghesi emise il decreto per l'amministrazione della nuova chiesa; quindi se Anichini avesse ragione quando fu posta la prima pietra della chiesa caldanese Michelangelo era morto da 11 anni". Il presidente del Comitato ricorda anche che la famiglia degli Austini, promotrice del tempio caldanese, comprò l'intero territorio di Caldana nel 1558: "Appare per questo strano che - come sostiene la Guidelli - nel 1563 (data d'inizio dei lavori secondo la studiosa) la stessa famiglia riacquisti un pezzo di terra all'interno della cinta muraria per costruirci la chiesa". Zannerini infine fa presente che in diverse occasioni la chiesa di San Biagio è stata identificata nella matrice stilistica della scuola del Sangallo e invita la ricercatrice Guidelli a dimostrare quanto afferma. "Non bastano ipotesi storiche ed opinioni architettoniche - conclude il presidente - perché la verità cambi sede".
La Nazione, mercoledì 12 luglio 2000
Si scioglie il mistero che ha avvolto per secoli la chiesa di S. Biagio a Caldana. E' stata la studiosa fiorentina Maria Gemma Guidelli a fare chiarezza sulla costruzione di questa piccola chiesa e soprattutto su colui che ne realizzò i progetti. Il padre di S. Biagio non è, come per secoli è stato tramandato, Antonio da Sangallo il Vecchio, ma bensì addirittura Michelangelo Buonarroti. Fu proprio il grande maesto, autore fra l'altro degli affreschi della Cappella Sistina a Roma, a realizzare i disegni della facciata e degli interni della Chiesa di S. Biagio. I disegni della facciata sono stati ritrovati dalla Guidelli presso l'Archivio di Casa Buonarroti, quelli relativi agli interni presso la National Gallery di Londra. La ricerca della Guidelli ha preso il via dallo studio dei disegni della facciata, oggetto della sua tesi di laurea in storia dell'arte, la terza della sua carriera. Successivamente la studiosa fiorentina ha proseguito la sua indagine ponendo l'attenzione sugli interni della chiesa di San Biagio. Piano piano grazie ad una massa enorme di prove documentali, tutte le tessere di questo mosaico hanno cominciato ad andare al loro posto e la studiosa è così giunta a questa scoperta sensazionale. "San Biagio - sono le parole di Maria Gemma Guidelli, esperta tra l'altro di psicologia dell'arte - non è una semplice chiesa ma un grande mausoleo eretto in suffragio dei familiari del granduca Cosimo I dei Medici". I familiari in questione sono la moglie di Cosimo Eleonora da Toledo ed i figli Don Garzia ed il cardinale Giovanni. Questi tre personaggi persero la vita alla fine del 1562 proprio durante un viaggio che Cosimo e la sua corte fecero nella Toscana meridionale per verificare lo stato di avanzamento dei progetti di fortificazione delle Maremme. "Nel 1563 - è ancora la Guidelli a parlare - a pochi mesi di distanza da quei fatti luttuosi presero il via i lavori di costruzione della chiesa di San Biagio di Caldana, lavori che terminarono nel 1575". Nacque quindi questa chiesa, opera unica nel panorama architettonico della Maremma di quel periodo storico. "Non è chiaro - secondo la studiosa - di chi fu l'iniziativa di costruire S. Biagio, se della famiglia Austini o di Cosimo I, ma è certo che di questa edificazione Cosimo I fosse pienamente a conoscenza".
La famiglia Austini segna la storia di Caldana.
La famiglia Austini e soprattutto il suo capostipite Marcello sono gli altri protagonisti di questa storia. A questa dinastia è legata la rinascita di Caldana e la costruzione dei suoi monumenti più importanti. Marcello Austini infatti acquista il 19 agosto 1558 il castello di Caldana ed i relativi possedimenti che versavano in quel periodo in grave stato di abbandono. Appena comperato il territorio egli ricostruì il castello, vi condusse abitanti per ridare vita e prosperità a quel luogo rimasto abbandonato per decenni. Benché senesi, gli Austini furono sempre particolarmente legati a Cosimo I e alla corte medicea e ne rappresentarono il braccio operativo sul territorio. Marcello Austini, amico di Giorgio Vasari, fu indicato con l'appellativo di "familiare" dei Medici. Da Cosimo I nel 1564 ottenne l'investitura feudale con il titolo di Conte. E' particolarmente curioso che un progetto di questa importanza sia stato realizzato a Caldana, un insediamento che, seppur utile dal punto di vista strategico nella Toscana meridionale nei pressi dei possedimenti della moglie di Cosimo, Eleonora da Toledo, era pur sempre un centro minore, soprattutto se si pensa che Cosimo I de Medici, passato alla storia tra l'altro per l'edificazione di città e d fortezze, non si dimostrò mai particolarmente propenso all'architettura religiosa.
Michelangelo progettò la facciata e i fondali.
Ma quale è stato l'apporto di Michelangelo alla costruzione di questa chiesa mausoleo? "Quasi certamente - è la risposta di Maria Gemma Guidelli - Michelangelo, che nel 1563 aveva 88 anni e che l'8 febbraio dell'anno successivo sarebbe morto a Roma, non è mai stato fisicamente a Caldana ma ha certamente disegnato i progetti della facciata e dei due fondali interni". "I lavori di realizzazione del progetto - prosegue ancora la studiosa fiorentina, tre lauree una delle quali in psicologia - furono portati avanti da Bartolomeo Ammannati, altro grande autore cinquecentesco, molto legato a Michelangelo, al quale Michelangelo non fece mai mancare ispirazione, consigli e consulenze".
Per secoli la chiesa di San Biagio è stata attribuita ad Antonio da Sangallo il Vecchio. "Questo errore è - secondo la Guidelli - dovuto inizialmente alla constatazione che tale edificio era di qualità troppo elevata per una piccolà località così lontana dai centri economicamente e culturalmente più ricchi della Toscana. Era quindi necessario trovare un 'padre' in grado di generare un'opera così raffinata. L'utilizzazione di materiali costruttivi molto simili ad una chiesa che si trova a Montepulciano, dedicata anch'essa a San Biagio, e realizzata da Antonio da Sangallo il Vecchio fecero il resto e per secoli anche la chiesa di Caldana fu riconosciuta come opera del Sangallo". Praticamente nessuno se non di recente ha messo in dubbio quell'attribuzione. Con il passare degli anni infatti, deteriorandosi gli stretti rapporti tra Firenze e quest'angolo di Maremma instaurati da Cosimo I e da Marcello Austini, Caldana divenne sempre più marginale ed anche la sua gemma architettonica venne dimenticata. "Sono molteplici le dissonanze stilistiche tra la chiesa di Caldana e quella di Montepulciano tali da permettere di poter affermare in tutta tranquillità he si trattano di opere di autori diversi. In più - ci dice la Guidelli - c'è un aspetto di carattere cronologico che diper sé smonta definitivamene quell'attribuzione. Il San Biagio di Caldana è stato costruito a partire dal 1563, Antonio da Sangallo il Vecchio nacque nel 1455 e morì nel 1535. Quasi trenta anni prima". La scoperta di Maria Gemma Guidelli è stata accolta molto positivamente dai massimi studiosi del settore. Tra breve sarà oggetto di una pubblicazione curata dalla Soprintendenza ai Beni Monumentali di Siena che avrà certamente una vasta eco internazionale e porterà Caldana e l'intero territorio comunale di Gavorrano al centro dell'attenzione degli studiosi dell'opera michelangiolesca e dei media.
L'architetto Alberto Vero: storia di un restauro che fu anche una scoperta.
"Sono veramente felice dei risultati della ricerca della studiosa Maria Gemma Guidelli" sono le parole dell'architetto di Grosseto Alberto Vero. L'architetto ha portato avanti per anni la tesi che la chiesa di San Biagio a Caldana non potesse essere opera di Antonio da Sangallo il Vecchio. Le prove documentali ritrovate dalla Guidelli sono per lui il suggello a ciò che aveva sempre pensato. "Mi sono avvicinato alla chiesa di San Biagio nel 1981 - è l'architetto Vero a raccontare - quando sono stato incaricato di curare il progetto di restauro e di consolidamento della facciata e della struttura complessiva della chiesa di Caldana. Lavorando ore ed ore nella chiesa non ho potuto non riflettere sulle caratteristiche stilistiche di quell'edificio. Il suo linguaggio era molto più raffinato di quello espresso da Antonio da Sangallo il Vecchio nella chiesa di San Biagio a Montepulciano, l'edificio considerato per secoli in un certo senso il 'gemello' della chiesa di Caldana. Soprattutto l'interno denota una raffinatezza tale attribuibile ad un periodo maturo del Rinascimento". "Ciò è testimoniato - sono ancora le parole dell'architetto che espresse tali teorie in una conferenza nel giugno del 1998 - dal gusto per il decoro anche degli spazi angusti, segno evidente di un 'disegno' che coniuga l'architettura, la scultura e il gusto scenografico pittorico. Il liguaggio sia dal punto di vista volumetrico e sia da quello plastico è quindi molto più articolato che in Sangallo". (Provincia di Grosseto informa).
Roberto Cipriani, Lo spicciolo nuovo,
21 luglio 2000
La notizia è di quelle da non crederci per la Maremma, da sempre ai margini - soprattutto artistico-culturali, della cultura alta - della Toscana: la mano di Michelangelo Buonarroti nella chiesa di San Biagio a Caldana. Finalmente, infatti, è stata smontata la falsa attribuzione dell'edificio a Antonio da Sangallo il Vecchio, diceria che ha preso piede dall'omonimia della chiesa sangalliana di Montepulciano (ma di tutt'altro impatto estetico e comunicativo) e che è stata diffusa dalle guide turistiche. Michelangelo avrebbe invece disegnato il progetto di San Biagio nel 1563, all'età di 88 anni, pur senza essere molto probabilmente mai stato fisicamente a Caldana.
Autrice della sensazionale scoperta è la dottoressa fiorentina Maria Gemma Guidelli, esperta di psicologia dell'arte. Il campo d'indagine della Guidelli, che ha tre lauree, riguarda in particolare l'opera d'arte nella sua duplice valenza di creazione e fruizione, mediante l'approccio della "psicologia cognitiva".
"Si tratta - dice la dottoressa - di avvicinarsi all'arte in chiave epistemologica, interpretando ogni opera d'arte come forma di conoscenza".
"E' proprio in questa prospettiva - continua la studiosa fiorentina - che ho iniziato a studiare la chiesa di San Biagio a Caldana per il suo valore estetico intrinseco, notando subito l'eccentricità dell'opera rispetto al contesto territoriale e culturale. E' evidente che l'opera sia sopra le righe per il tipo di comunicazione che trasmette. E non sapendo con certezza la sua paternità (è stata per anni attribuita a Antonio da Sangallo il Vecchio) ho intrapreso la ricerca che ha costruito la mia tesi di laurea, con la quale ho dimostrato che la realizzazione della Chiesa è stata dell'Ammannati. Ma la ricerca è andata avanti e sono riuscita a ricostruire la paternità michelangiolesca scoprendo i disegni della facciata presso l'archivio di Casa Buonarroti e i disegni relativi agli interni presso il British Museum di Londra".
"Anzi - ha proseguito la dottoressa - proprio in questi giorni me ne è capitato tra le mani un altro, importantissimo, riguardante la facciata".
Eppure come ha fatto Michelangelo a passare sotto silenzio per secoli? Possibile che studiosi di "cotanta fama" si siano lasciati sfuggire un piatto così ricco? E quali le loro reazioni alla scoperta?
"All'inizio hanno concordato con la realizzazione di Bartolomeo Ammannati e poi hanno dovuto accettare l'evidenza della progettazione michelangiolesca. E tutto nella Chiesa di San Biagio fa pensare al Michelangelo, alla sua concettualità, all'organicità tipicamente michelangiolesca con cui è composto il tutto. I disegni sono soltanto delle indicazioni d'opera, ma la sua opera era appunto l'idea, e la collaborazione con l'Ammannati avveniva proprio così. Basti pensare al modellino realizzato da Michelangelo per il Vestibolo della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Nel caso di Caldana il modellino in terracotta non c'è ma il modo di procedere è lo stesso".
I più noti esponenti del mondo storico-artistico giustificano il loro aver ignorato questa presenza con il decentramento di Caldana e della Maremma rispetto al mondo fiorentino.
"Rimane il fatto che - conclude la Guidelli - forse proprio perché la scoperta l'ho fatta io e non un nome più noto la notizia non è di fatto mai uscita in tutta la sua rilevanza. Se ne sono occupati un po' gli enti locali ma evidentemente con finalità utilitaristiche mentre Michelangelo è un patrimonio dell'umanità a cui adesso appartiene anche Caldana. E questo ancor più nell'anno del Giubileo: per la Maremma significa riscoprire radici, legami ignorati grazie a un evento - la mano del Michelangelo nel San Biagio di Caldana - che è al tempo stesso artistico e religioso, anzi, tutto ciò che è michelangiolesco è fatto essenzialmente religioso".
Claudia Biagioli, in Toscana oggi - Avvenire,
23 luglio 2000
Attorno alla chiesa di San Biagio il popolo di Caldana ha sempre vissuto la sua esistenza. L'edificio è una parte integrante della vita dei caldanesi e lo resterà nonostante la disputa che si è creata sulla sua paternità. La dottoressa fiorentina M. Gemma Guidelli ha attribuito il tempio a Michelangelo, basandosi sulla "storia ecclesiastica della città e diocesi di Grosseto" scritta nel 1752 da Francesco Anichini. Il direttore del comitato storico di Caldana, Mario Zannerini, afferma che la dottoressa è incappata in un errore e che la chiesa è da attribuirsi, come sempre si è fatto, alla scuola di Sangallo il Vecchio. L'errore nascerebbe dal testo di una conferenza del 1993 tenuta a Caldana dallo storico Maurizio Occhetti. Occhetti, citando erroneamente Anichini, affermò che la costruzione di San Biagio fu terminata nel 1575. E la Guidelli, cui il testo della conferenza fu consegnato, sembra aver preso l'affermazione per buona, senza controllare la "Storia ecclesiastica" in cui si afferma che la chiesa di Caldana "ebbe il suo cominciamento nel 1575". Se fosse vera la tesi della Guidelli, San Biagio sarebbe stata edificata nel 1563 - un anno prima della morte del Buonarroti - per volere di Cosimo I dei Medici, come mausoleo per la moglie e i figli morti nel 1562. Non si capisce però, afferma Zannerini, come un fatto luttuoso iniziato a Rosignano e conclusosi a Pisa e Livorno possa aver avuto ripercussioni su Caldana e ancor meno si comprende la totale mancanza dello stemma a sei palle che i Medici avevano disseminato in ogni muro da loro fatto elevare. E' presente invece, sulla facciata della chiesa di San Biagio, lo stemma degli Austini, nobili senesi della contrada della Selva e signori del castello di Caldana fin dal 1558. Zannerini ha ritenuto doveroso informare le sovrintendenze di Firenze e Siena, la sede vescovile di Grosseto e il comune di Caldana. "Se il Buonarroti deve prendere il posto di Sangallo il Vecchio - afferma il direttore - è bene che ciò avvenga per logica storica e non per emotività o sensazionalismi ex cattedra".
Il Tirreno, 7 settembre 2000
La plurilaureata dottoressa fiorentina M. Gemma Guidelli (colei che attribuirebbe a Michelangelo la chiesa di Caldana), in una intervista rilasciata a Il Giornale della Toscana del 27 luglio scorso ha dichiarato di conoscere molto bene il testo del pluricitato Cancelliere Vescovile Francesco Anichini. Io ho i miei dubbi che ciò sia vero. Ritengo invece che la dottoressa Guidelli conosca molto meglio la relazione della conferenza titolata Analisi storica del Tempio di San Biagio in Caldana - XVI secolo e restauri, che il dottor Maurizio Occhetti (allora Sovrintendente ai Beni artistici di Siena e Grosseto) tenne in Caldana (Gr) nel 1993, relazione che l'attuale Parroco don Enzo Mantiloni consegnò alla dottoressa Guidelli qualche anno fa. Purtroppo in quella relazione (lasciata in copia sia alla Parrocchia caldanese che al Comitato Storico che tuttora presiedo) vi è un errore madornale. Il dottor Occhetti - alle pagine 3, 4 e 6 della sua relazione, quindi per ben tre volte - scrive che nella Storia Ecclesiastica della città di Grosseto scritta da Francesco Anichini nel 1752, si afferma "esistono due chiese con lo stesso nome, una più antica e una più moderna; quella moderna fu terminata nel 1575 e ha la facciata corniciata di travertino e nicchie". Ecco l'errore! L'Anichini non ha mai scritto "terminata nel 1575" come invece si rileva nella relazione del dottor Occhetti, da cui ha attinto quasi certamente la dottoressa Guidelli. L'Anichini ha scritto invece che la chiesa di Caldana "ebbe il suo cominciamento nel 1575" (pag. 78-r tomo 1 da c. 1 a c. 113). Un imperdonabile (ed involontario) errore, che ha trascinato rovinosamente con sé l'esperta studiosa fiorentina. Questa errata datazione di base ha poi consentito l'attivazione dell'ipotetico aggancio con Michelangelo, datando l'inizio della costruzione della chiesa al 1563, un anno prima della morte del Buonarroti. E qui la dottoressa Guidelli sviluppa un'altra storia secondo la quale la chiesa caldanese sarebbe stata innalzata quale mausoleo funebre in memoria della morte dei figli e della consorte di Cosimo I dei Medici, avvenuta nel 1562. Resta però assai difficile comprendere perché si sarebbe costruito un monumento funebre a Caldana (Gr) per ricordare un fatto luttuoso e drammatico cominciato nelle campagne di Rosignano Marittimo (Li) e conclusosi pochi giorni dopo nelle città di Pisa e Livorno. Serviva forse un "motivo" di alto spessore storico (quale appunto la morte di Giovanni, Garzia ed Eleonora da Toledo, nel 1562) per giustificare il computo temporale di una attribuzione a Michelangelo? A questo punto a mio avviso crolla tutto il castello di ipotesi e congetture costruito dalla dottoressa Guidelli. Come avrebbe potuto Michelangelo - morto nel 1564 - dare consigli ed istruzioni (intorno all'anno 1575) all'Ammannati quale incaricato (così si affermerebbe) dei lavori del San Biagio caldanese? E perché se, come dice la dottoressa Guidelli, il tempio caldanese fosse un mausoleo alla memoria dei Medici o comunque voluto od ispirato dai Medici - non esiste lo stemma a sei palle che i Medici stessi hanno disseminato in ogni muro da loro elevato o fatto elevare? L'unico stemma, invece, presente sulla facciata della Chiesa, è quello degli Austini, nobili senesi appartenenti alla Contrada della Selva e Signori del Castello di Caldana fino al 1558, che vollero edificare il tempio religioso mossi "dalla generosa pietà del Marchese Ippolito Austini, in pochi anni e senza sparammio di spesa" (cfr. Anichini citato sopra). A Caldana si tranquillizzi la Guidelli il popolo vuol bene alla propria chiesa da sempre, perché intorno al San Biagio ha sempre vissuto la propria esistenza, con le gioie e i dolori che la vita porta, inevitabilmente con sé. E questo è vero, sia la chiesa della scuola del Sangallo o di Michelangelo. Di sicuro non sarà certamente l'attribuzione a quest'ultimo a farla amare di più o di meno. Infine sia ben chiaro un concetto (che la Guidelli pare aver perso per strada, forse a causa delle sue affannose richerche): a tutt'oggi la chiesa di Caldana è ufficialmente attribuita alla "scuola" di Sangallo il Vecchio, non a lui medesimo (vedasi il mio libro Caldana e Gavorrano scritto insieme allo studioso Piero Simonetti e pubblicato per i tipi dell edizioni Il mio Amico). Se poi si deve per forza attribuire al grande Michelangelo la chiesa caldanese, solo perché sono già stati stampati opuscoli, libri e guide turistiche, e convocate trionfali processioni settembrine o passerelle tardo autunnali, lo si faccia pure. Ma si abbiano le prove ed il coraggio per smentire (non ignorare) l'opera del cancelliere vescovile Anichini. La Guidelli, nella dichiarazione rilasciata al quotidiano fiorentino citato sopra, afferma: "Conosco il testo dell'Anichini, ma non l'ho mai confrontato con quelli in mio possesso che giudico più attendibili". Non è corretto ignorarlo solo perché afferma cose in stridore con quanto ci piacerebbe fosse vero. Occorre smentirlo. E se ciò non avverrà, allora avremo assistito ad un'altra forzatura della Storia a servizio della leggenda e dei suoi derivati. Di tutta questa vicecnda ho ritenuto doveroso informare con la documentazione attinente, le Sovrintendenze di Siena e Firenze, la sede Vescovile di Grosseto ed il Comune ove risiedo, affinché sia attentamente vagliato anche l'errore di datazione descritto sopra, confidando nel giudizio e nell'operato delle competenti Autorità del settore.
Sia però ben chiara una verità, ovvero che nessuno sta facendo "guerre sante" contro Michelangelo ed i suoi supporters. Ma se il Buonarroti deve prendere il posto della scuola di Sangallo il Vecchio è bene che ciò avvenga per logica storica, e non per emotività o sensazionalismi ex cattedra. Qui termina il mio intento. Quello, cioè, di aver sollevato una riflessione critica nelle vesti di plurinnamorato della Storia della terra ove sono nato. Sì, la Storia, quella a volte scomoda, ma con la S maiuscola.
Mario Zannerini
La recente ed improvvisa impennata d'interesse intorno alla chiesa di San Biagio di Caldana e la attribuzione della facciata alla mano di Michelangelo da parte della plurilaureata dottoressa Gemma Guidelli mi ha mosso due diverse sensazioni.
Una di piacere e soddisfazione, perché è sempre gratificante poter godere dell'interessamento circa le vicende storiche dei piccoli paesi della Maremma, come lo è Caldana.
L'altra sensazione è di segno opposto, ovvero mi è parso che l'interessamento sia stato "interessato" e privo di correttezza storica.
Mi spiego meglio e partendo dagli Austini intendo evideziare alcune discrepanze di matrice storica in quella che la dottoressa Guidelli ha affermato essere la "scoperta" circa la chiesa di Caldana.
1) Gli Austini acquistarono dalla famiglia Bellanti l'intero territorio di Caldana il 19 agosto del 1558. Suona quindi strano (Tirreno del 15/6) che nel 1563 (quindi cinque anni dopo) gli Austini acquistino un pezzo di terra all'interno della cinta muraria per costruirci la chiesa di S. Biagio. Strano perché già possedevano tutto per l'intero.
2) La dottoressa Guidelli (ed il T3 di sabato 3/6) affermano che un anno dopo la morte dei familiari di Cosimo I, quindi nel 1563, ebbero inizio i lavori per la costruzione della chiesa di San Biagio in Caldana, precisando che tali lavori ebbero termine nel 1574. Anche qui qualcosa non va per il verso giusto. Infatti l'eminente senese Francesco Anichini, Cancelliere Vescovile a Grosseto, afferma - nel 1752 -, anzi scrive nella sua importante opera sulla Storia Ecclesiastica della Diocesi di Grosseto (preziosa la ristampa anastatica dell'unico testo esistente in materia di storia delle Parrocchie grossetane, curata dalla dottoressa Bueti direttrice dell'Archivio di Stato grossetano) che la chiesa di Caldana venne "fatta innalzare dalla generosa pietà del Marchese Ippolito Augustini in pochi anni e senza risparmio di spesa, mente il suo incominciamento seguì il 1575 al tempo della Visita Apostolica" (Vescovo Giacomo Mignanelli, 1553-1576). Lavori di costruzione che poi terminarono nel 1585, anno in cui il Vescovo di Grosseto, Claudio Borghesi, la vide terminata ed emise in data 13 febbraio di detto anno - un apposito decreto vescovile con cui concesse allo stesso Marchese Ippolito Austini ed ai suoi discendenti il reservo dell'Jus Patronato sulla nuova chiesa curata, regolamentando di conseguenza sia i tributi che le decime. Quindi, se l'Anichini ha ragione (come io credo, almeno fino a quando sarò smentito con documenti certi), c'è da dire che i calcoli della Guidelli sono anticipati di 12 anni. Ne deriva che il buon Michelangelo era già morto da ben 11 anni quando venne posta la prima pietra del S. Biagio di Caldana.
3) Infine occorre ricordare che già nel 1993, in una conferenza tenutasi a Caldana dal titolo Analisi storica dl Tempio di San Biagio a Caldana, XVI secolo e restauri, il professor Maurizio Occhetti, Sovrintendente ai Beni Architettonici di Siena e Grosseto, affermò "che il Tempio di Caldana è fratello minore del San Biagio di Montepulciano, con il quale c'è fratellanza stilistica, identità nel disegno e nei fregi interni". Ed il San Biagio di Montepulciano è di Antonio da Sangallo il Vecchio, così come il San Biagio di Caldana è stato identificato nella stessa matrice stilistica da eminenti personaggi della Sovrintendenza di Siena.
Non possono bastare ipotesi storiche ed opinioni architettoniche, affinché la verità cambi di sede. Purtroppo la "Storia" la si scrive solo con la penna delle documentazioni, mentre la "leggenda" si può benissimo scriverla avendo una fervida immaginazione.
Un esempio! Garzia e Giovanni, fratelli tra loro e figli di Cosimo I dei Medici, hanno un violento diverbio. Siamo nel 1562. L'uno uccide l'altro, come in una scena biblica farebber Caino e Abele. Cosimo, il genitore, saputolo, ammazza a sua volta il figlio superstite. Eleonora, la mamma di Garzia e Giovanni, nonché sposa di Cosimo I, appena ne viene a conoscenza, muore d'infarto.
Grande tragedia familiare, che sconvolge un'intera famiglia di nobili regnanti, crudele la vicenda umana fortemente macchiata da sangue fratricida e parricida.
Ma a seguito di tutto ciò, gli Austini (famiglia senese proprietaria di Caldana appartenente alla frangia contradaiola degli ultrà di "Vallepiatta") avrebbero offerto a Cosimo la possibilità di erigere a Caldana una chiesa quale tempio funebre a perenne memoria del fattaccio. E Cosimo, commosso, accetta.
Se continuiamo di questo passo, potremo presto affermare che anche il Manzoni (1785-1873) veniva a Caldana a far merenda in cantina di Giò Batta, ove tra una fetta di prosciutto locale ed un bel gotto di vino rosso, trovò l'ispirazione dei Promessi sposi, prima di risciacquare il testo dell'opera letteraria nell'Arno d'argento, che poi non è detto sia stato il fiume che traversa Firenze, ma potrebbe trattarsi della Bruna che - nascendo dal lago dell'Accesa (quello di Birillo, il coccodrillo) - va poi a posar le proprie acque a Castiglion della Pescaia sul confine degli ex territori medicei.
Mario Zannerini, Lo spicciolo nuovo, n° 15,
25 agosto 2000