Michelangelo o Sangallo?

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Michelangelo o Sangallo? Di chi è quella chiesa? Botta e risposta fra studiosi

Accade sovente in occasione di scoperte importanti che la polemica sia in agguato e pronta a scatenarsi. E' accaduto anche per il caso della chiesa di San Biagio in Caldana che la studiosa fiorentina Maria Gemma Guidelli ha attribuito, invece che al Sangallo, al grande Michelangelo in aperta contrapposizione con quanto voleva la tradizione e la scienza deduttiva.

Ma contro le affermazioni della studiosa, si è levata la voce del Comitato Storico di Caldana, il cui Presidente, Mario Zannerini sostiene l'illegittima attribuzione della chiesa al genio di Michelangelo argomentando che due precise date storiche la smentiscono. Insomma, meglio un Sangallo di un Michelangelo! La tesi su cui si basa l'attacco caldanese si fonda su tre osservazioni. "In primo luogo - fa notare Zannerini - esiste un documento scritto nel 1752 dal senese Francesco Anichini, cancelliere vescovile a Grosseto, dal titolo Storia Ecclesiastica della Diocesi nel quale si descrive minuziosamente la storia delle parrocchie grossetane. L'opera riporta che i lavori per l'edificazione della nuova chiesa di San Biagio in Caldana ebbero inizio nel 1575 al tempo della Visita Apostolica. Indica poi il 13 febbraio 1585 quale data in cui il vescovo Borghesi emise il decreto per l'amministrazione della nuova chiesa. Sempre l'Anichini - continua Zannerini - scrive che fu il vescovo Borghesi colui che vide la nuova chiesa terminata. E siccome Borghesi guidò la diocesi dal 1576 al 1590, diventa credibile pensare che la data del decreto sia anche la data massima del termine dei lavori. Queste date constrastano apertamente con quanto sostenuto dalla Guidelli, la quale afferma invece che la costruzione della chiesa caldanese iniziò nel 1563 e terminò nel 1575. Se così fosse, sarebbe stato Mignanelli il vescovo in carica e non Borghesi. Quindi, se l'Anichini ha ragione c'è da dire che i calcoli della Guidelli sono anticipati di 12 anni. Ne deriva che il buon Michelangelo era già morto da ben 11 anni quando venne posta la prima pietra del San Biagio di Caldana".

Immediata la risposta della Guidelli che dichiara di conoscere il testo citato da Zannerini, ma di non averlo mai confrontato con quelli in suo possesso, giudicati più attendibili. "Le cose non sono propriamente andte così - spiega la studiosa fiorentina -. I conti Chigi avevano ereditato parte dei possedimenti degli Austini, signori di Caldana, a seguito delle nozze con l'ultima figlia della famiglia maremmana (l'altra Austini aveva sposato un Bigi). Il conte Carlo Chigi voleva conoscere esattamente la consistenza del patrimonio che aveva acquisito in dote, perché intorno alla metà del '600 un falò pubblico aveva distrutto tutti i documenti del castello. Così incarica un legale, l'avvocato Bandiera, di ricercare notizie sulla fantomatica chiesa. Era il 1778 quando il legale produce al Conte una documentazione giurata che attesta l'esatto periodo di costruzione della chiesa. Il documento, infatti, trascrive le parole dell'ordinanza di monsignor Bossio, vescovo della diocesi di Grosseto, che nel 1572 chiede per l'edificio corrispondente alla Chiesa di San Biagio, non appena i lavori fossero terminati, la presenza di un pastore atto all'officio delle funzioni. Sogno evidente che i lavori nella chiesa erano ormai giunti al termine. Dirò di più - sottolinea la studiosa trilaureata - sempre lo stesso documento legale specifica fin nei minimi particolari date e protagonisti capaci di fugare qualsiasi dubbio. I primi lavori per la costruzione della chiesa iniziarono nel 1557, sotto la reggenza del vescovo, monsignor Giacomo Mignanelli e terminarono nell'agosto del 1576 sotto la reggenza dl vescovo Borghesi, come sostenuto anche nel documento di Zannerini. Devo precisare che la chiesa, seppur conclusa, mancava ancora della fonte battesimale e di alcuni arredi, come è confermato da un ultimo disegno che ho ritrovato".

Sul secondo punto di biasimo alla tesi michelangiolesca, il comitato caldanese mostra delle incongruenze palesi, tacitate dal fatto che la famiglia Austini avrebbe acquistato, secondo alcuni servizi apparsi sul "Tirreno" e al "T3", per due volte lo stesso terreno dove poi sarebbe stata edificata la chiesa. Una tesi che la Guidelli smonta perché viziata da un errore di data compiuto dai cronisti nella stesura dei servizi.

L'ultima istanza che Zannerini porta a suffragio della scuola di Antonio da Sangallo il Vecchio, si riferisce ad alcune dichiarazioni rilasciate dal Sovrintendente ai Beni architettonici di Siena e Grosseto, Maurizio Occhetti, che durante una conferenza affermò: "Il tempio di Caldana è il fratello minore del San Biagio di Montepulciano, da sempre attribuito a Antonio da Sangallo il Vecchio, con il quale c'è fratellanza stilistica, identità nel disegno e nei fregi interni".

"Il ragionamento seguito nel passato è legato a criteri puramente deduttivi e semplicistici - risponde la Guidelli - non formulato sulla base di dati e documenti certi. Nel corso dei tre anni di studio ho potuto analizzare oltre 500 pagine di manoscritti e molti disegni, tra cui i tre che mi hanno permesso di formulare in maniera certa la tesi michelangiolesca. Questi importanti reperti, conservati a Casa Buonarroti e al British Museum di Londra, non erano mai stati associati a nessuna opera esistente di Michelangelo. In particolare fui colpita dal progetto della facciata della chiesa che ricalcava uno dei disegni del San Lorenzo di Firenze; si leggeva solo una leggerissima variazione giustificata dalla diversa conformazione della tipologia costruttiva. Così grazie alla mia visione delle opere, raggiunta attraverso la lettura di più stratificazioni dei linguaggi e dei codici architettonici, ho potuto attribuire a quei disegni un riferimento reale; la chiesa di San Biagio in Caldana fu quindi progettata dal Buonarroti come mausoleo per la famiglia di Cosimo I, ma costruita e rifinita dal suo allievo Bartolomeo Ammannati. Del resto esistono molte comunicazioni epistolari a confermare la grande fiducia riposta da Michelangelo nel suo allievo. Se poi vogliamo entrare nella foresta delle deduzioni - afferma con un moto di stizza la studiosa fiorentina - appare evidente l'abisso stilistico tra le due scuole e tale da non giustificare una diversa mente progettuale. Forse gli amici di Caldana - si chiede la scienziata - hanno il timore di accettare un'opera di cotanto nome per le "difficoltà" che tale rivelazione comporrebbe, costringendoli alla ristampa di guide e opuscoli turistici? Altrimenti non si spiega tutto l'accanimento profuso nel confutare la mia tesi che a questo punto è diventata più che mai una piacevole certezza".

Carlo Sestini, Il Giornale della Toscana,

giovedì 27 luglio 2000