Populonia e Roselle nel periodo romano, nonostante la loro decadenza, riuscirono a diventare sedi vescovili e questo fatto è accertato da alcuni documenti, dov'è scritto che il vescovo di Roselle, Vitalianus, prese parte al sinodo del 1° marzo 499, mentre il vescovo di Populonia, Asellus, partecipò al sinodo del 23 ottobre 502. La terza città etrusca molto importante di queste zone, Vetulonia, ebbe un processo di decadenza molto più lungo ma molto più completo di quello delle altre due.
Caldana apparteneva alla diocesi di Roselle, ma divenne ben presto una zona contesa tra le due diocesi, perché era molto vicina al confine. Questo passava lungo i territori di Scarlino, Gavorrano e Giuncarico. La diocesi di Populonia voleva espandersi, a danno della diocesi di Roselle, mirando ai territori di Caldana e di Cesi. Caldana, oltre a far parte della diocesi di Roselle, era proprietà della Chiesa di Lucca.
Ilprando di Alberto lucchese dette origine,verso la fine del 700, alla famiglia degli Aldobrandeschi, la quale ricevette da Carlo Magno anche i castelli di Gavorrano, di Scarlino e delle zone limitrofe: Giuncarico, Caldana e Ravi.
La prima volta che apparve il nome "Caldana" fu in un documento ufficiale del 6 settembre 940, quando il vescovo di Lucca Corrado, con una concessione livellaria, assegnò la corte delle "Collacchie" ad Aldafrido, detto Atto del fu Lamberto.
Anche in questa parte d'Italia era in uso il feudalesimo, introdotto da Carlo Magno; Caldana era una parte massericia, dipendente dalla corte delle Collacchie. L'obiettivo era di rendere più produttiva la zona di Caldana, ma il documento del 940 non indica quali provvedimenti furon presi per attuare quest'obiettivo.