Notizie più utili riguardo alla situazione di Caldana sono contenute in un altro documento, sempre del vescovo di Lucca, rivolto a Adalfrido.
Il 23 luglio 1071 fu emanata una concessione, ribadita l'11 agosto 1118, nella quale si stabiliva che il vescovo di Roselle Dodone consegnava all'abate del monastero di S. Bartolomeo a Sestinga le decime ricevute dagli abitanti di alcuni paesi, tra cui anche Caldana.
Nel secondo documento, quello dell'11 agosto, Caldana viene descritta come una villa, ovvero un villaggio non fortificato.
Caldana era passata di fatto nelle mani dei monaci, ma questo convento decadde ben presto e i religiosi persero il controllo sul paese.
La fortificazione di Caldana si compì durante l'incastellamento di tutta la Maremma che avvenne in due fasi. La prima, la più significativa, andò dal X fino a tutto l'XI secolo e riguardò sedici castelli (Suvereto, Montioni, Casalappi, Valli, Vignale, Accesa, Giuncarico, Ravi, Buriano, Scarlino, Marsiliana, Campigia Marittima, Alma, Sestinga, Campopetroso e Pietra). Alcuni di questi castelli ben presto scomparvero, come il castello di Sestinga, di Alma e di Casalappi.
La seconda fase riguardò solo otto castelli (Capalbio, Colonna, Casellina, Caldana, Gavorrano, Abbazia al Fango, Castiglione della Pescaia, Vetulonia) di cui sei situati nei monti dell'Alma.
Non sappiamo con esattezza quale fu la famiglia che incastellò Caldana; le ipotesi principali sono due: quella di Francovich, secondo cui Caldana fu incastellata sotto i Lambardi, e quella di Biagioni, per il quale il castello fu edificato dai Pannocchieschi.